Inquinamento atmosferico e diffusione Coronavirus

02 April 2020

Tutti a chiedersi come mai la mortalità nella stragrande maggioranza della Pianura Padana sia così alta.


Le risposte sono le più svariate tra cui:

- la densità di popolazione per chilometro quadrato

- l’anzianità alta delle vittime

- il numero di patologie pregresse

- l’inquinamento atmosferico,una correlazione diretta sulla quale si stanno effettuando ancora studi e analisi

Gli Studi

La SIMA(Società italiana di Medicina Ambientale) in un suo documento condiviso con l’Università di Bologna e l’Università di Bari, indica delle pubblicazioni scientifiche che correlano l’incidenza dei casi di infezione virale con le concentrazioni di particolato atmosferico.

Non dimostra però con metodo scientifico le correlazioni ma esprime l’analisi basata su letteratura scientifica relativa ad altri virus:

  • l’influenza aviaria del 2010, veicolata per lunghe distanze attraverso tempeste asiatiche di polveri;
  • il virus sinciziale umano nei bambini (2016);
  • il morbillo (i dati emersi dagli studi in 21 città cinesi nel biennio 2013-2014 dimostrano che un aumento significativo delle concentrazioni di pm 2,5 pari a 10 microgrammi/metro cubo incide significativamente sull’incremento del numero di casi di virus del morbillo)

 

La relazione tra concentrazione di particolato in atmosfera e diffusione del Coronavirus non è quindi al momento scientificamente provata.

Cos’è il particolato atmosferico?

Il particolato atmosferico - particelle PM10 e PM 2.5 sospese nell'atmosfera terrestre - è un efficacie vettore di trasporto della diffusione e la proliferazione delle infezioni virali.

I virus si “attaccano” al particolato atmosfericoche può permettere al virus di rimanere nell’aria in condizioni vitali per un certo tempo, nell’ordine di ore o giorni.

 

Il tasso di inattivazione dei virus nel particolato atmosferico dipende dalle condizioni ambientali: mentre un aumento delle temperature e di radiazione solare influisce positivamente sulla velocità di inattivazione del virus, un’umidità relativa elevata può favorire un più elevato tasso diffusione del virus.

Sulla base di questa sintetica introduzione e rassegna scientifica, storicamente ricostruita, si può quindi dedurre che il particolato atmosferico costituisce un efficace vettore per il trasporto, la diffusione e la proliferazione delle infezioni virali.

L’analisi – Pianura Padana

L’ analisi sopra specificata indica una relazione diretta tra il numero di casi di COVID-19 e lo stato di inquinamento da PM10 dei territori.

Anche se non supportata da studi scientifici la relazione tra i casi di COVID-19 e PM10 suggerisce una riflessione sul fatto che la concentrazione dei maggiori focolai si è registrata in Pianura Padana mentre minori casi di infezione si sono registrati in altre zone d’Italia.

 

Sul punto si è espressa anche l’ARPA (Azienda Regionale Piemonte) rilevando che, “anche nel pieno delle misure restrittive, in presenza di situazioni meteorologiche poco dispersive, si sono comunque registrati alcuni episodi di accumulo del PM10, con concentrazioni anche superiori al valore limite giornaliero”.

E ancora precisache “per analizzare con rigore e in maniera esaustiva i livelli degli inquinanti atmosferici, specialmente se provenienti da diverse sorgenti emissive, evidenziando possibili trend di riduzione, è necessario considerare serie di dati sufficientemente lunghe che consentano di prescindere dall’effetto delle condizioni meteorologiche. Anche nel caso delle misure restrittive in atto per il coronavirus, al fine di esprimere una valutazione compiuta sui loro effetti sulla qualità dell’aria, è auspicabile disporre di un set di informazioni capace di tener conto di tutte le variabili in gioco.


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